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07/04/2020
#AURORA RACCONTA IL 2016, UNA SALVEZZA CHE VALE QUANTO UNA VITTORIA
Poteva essere l’annata più storta da molti anni a quella parte, poteva essere un macigno sull’Aurora, poteva essere il momento più difficile da affrontare. Invece, come in tutte le situazioni più complesse, Jesi reagì e, anche con le spalle al muro, diede prova della sua resilienza. La stagione 2015/16 fu un anno di svolta quasi epocale per la società, una di quelle annate in cui o sopravvivi o rischia di caderti il mondo addosso. Già in estate più che il tempo degli arrivi fu il tempo degli addii, su tutti quello di Fileni che non sarebbe stato più sponsor di maglia con Jesi che restò, per la prima volta dopo oltre vent’anni, senza marchio sulla canotta.
Ad allestire il roster e a ricoprire il posto lasciato da Federico Manzotti venne chiamato Federico Ligi, ds e artefice delle belle stagioni fatte da Senigallia, il nuovo volto che, insieme alla dirigenza e a coach Maurizio Lasi doveva cercare di assemblare una squadra che riuscisse a superare questo momento di transizione nella nuova A2, quella della divisione tra Est e Ovest. L’inizio, però, non fu dei più semplici: al netto delle vittorie con Recanati, nel nuovo derby delle Marche, Matera e Treviglio, arrivarono diverse sconfitte in fila che trascinarono l’Aurora nella parte bassa della classifica.
A cavallo tra dicembre e febbraio, però, arrivarono quattro squilli importanti: due contro corazzate come Verona, dominata con un ultimo quarto perfetto e una splendida prestazione corale, e Mantova, domata solo sul filo di lana per quella che fu un’altra impresa notevole, il terzo, nel mezzo, quello del derby contro Recanati, sofferto ma quanto mai provvidenziale, prima del successo scaccia fantasmi in casa di Matera dopo un supplementare. E naturalmente ancora in volata, con una tripla di Josh Green scagliata proprio pochi attimi prima della sirena per il delirio generale del tifo arancioblù. Il basket, però, spesso fa giustizia da solo, quello che dà rischia di essere fugace. E così fu per l’Aurora.
Forte anche dell’innesto di Maganza che aveva dato maggiore solidità sotto le plance, Jesi sapeva bene quale fosse la posta in palio da lì a fine stagione. Andava risalita una classifica che, pur con Matera, a quel punto quasi condannata, e Recanati alle spalle, non era affatto tranquillizzante, con la sola Legnano, davanti, che poteva essere risucchiata. Il 10 marzo è il giorno della partita per eccellenza, proprio contro i lombardi, quella che pose un segno e fece capire che bisognava reagire. Dopo 39’ passati a duellare e rincorrersi, infatti, gli ospiti presero in mano la contesa con un distacco quasi in doppia cifra che sembrava condannare l’Aurora. In un minuto e mezzo, però, Jesi trovò le forze di ribaltare ancora la situazione, siglando quel 74-74 che sembrava condurre diretti al supplementare.
Sembrava, appunto…quell’extra time che l’Aurora tanto voleva, infatti, sfumò proprio sulla sirena, complice quella tripla di Mattia Palermo, playmaker di Legnano, che trovò solo il cotone della retina e, di fatto, mandò Jesi in Purgatorio. Le ultime cinque giornate, infatti, non riuscirono a invertire la rotta e la dirigenza arancioblù si mosse per dare una scossa: avvicendamento in panchina con Cagnazzo che prese il posto di Lasi e due nuovi stranger al posto di Green e Hunter, due pezzi da novanta come Corbett e Sorokas. L’inversione di rotta fu subito tangibile con gli arancioblù che, proprio prima degli ormai certi playout, sfiorarono il colpo grosso in casa di una Verona che si stava preparando per inseguire la promozione nella post season.
Playout, dunque, contro la quindicesima del girone Ovest e un fattore campo da difendere, un vantaggio importante ma che, specie a inizio serie, potrebbe essere anche una pressione in più. E infatti contro Omegna, l’avversaria designata dall’altro girone, squadra ostica e, come vedremo, anche sfortunatissima, la partenza fu lenta ma comunque perentoria: due sfide soffertissime, vibranti e giocate sino alle battute finali, due sfide che, però, sorrisero entrambe all’Aurora, trascinata proprio dal duo Corbett-Sorokas che rigenerò tutta la squadra aprendo ampi spazi anche per le triple di Gueye e le soluzioni offensive di Marco Santiangeli.
La serie, quindi, si trasferì in Piemonte con un’Aurora leggermente più tranquilla che doveva cercare di strappare il punto decisivo a una Omegna carica a difendere la categoria e con un certo Iannuzzi, non proprio un giocatore marginale, che stava facendo di tutto per recuperare per il rush finale. Senza il suo cinque titolare, la formazione rossoverde aggredì gara-3 scavando immediatamente un vantaggio di sicurezza ma non aveva ancora fatto i conti con il destino che, già nel primo tempo, la privò dell’altro lungo titolare, Smith, messo ko da un ginocchio saltato. La banda di coach Faina riuscì comunque a gestire la situazione, trascinata da Galloway e Cappelletti, e conquistò prima il 2-1 e poi la parità, con uno stoico Iannuzzi in campo per sopperire alla moria di lunghi piemontese.
Si va dunque a gara-5, quella bella così affascinante quanto imprevedibile, la partita dove pronostici, andamento e storia non contano nulla. Jesi, però, sapeva cosa doveva fare, era una squadra in missione, anzi, era una città in missione. E, infatti, nonostante i due ko consecutivi, l’Aurora produsse il miglior primo tempo dell’anno proprio nel momento più importante, sfoderando una prestazione balistica incredibile che la portò sino al 44-21 del riposo lungo. Finita lì? Nemmeno per idea. Omegna, infatti, pallone su pallone, cercò di rimettere in piedi la contesa ma Jesi, trascinata da Corbett e richiamata all’ordine da coach Cagnazzo, riuscì a portare a termine l’opera. 75-61. La Serie A2 è salva! Alla sirena finale scoppiò il delirio di tutto l’UBI Banca Sport Center, tornato a riempirsi come un uovo e divenne la raffigurazione della gioia fatta persona: dai tifosi che continuarono a lungo a cantare e saltare a squadra e dirigenza, tutti insieme per urlare che “Jesi è sempre lì”, Jesi è viva, Jesi voleva scrivere altre pagine di questa bellissima storia.
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Poteva essere l’annata più storta da molti anni a quella parte, poteva essere un macigno sull’Aurora, poteva essere il momento più difficile da affrontare. Invece, come in tutte le situazioni più complesse, Jesi reagì e, anche con le spalle al muro, diede prova della sua resilienza. La stagione 2015/16 fu un anno di svolta quasi epocale per la società, una di quelle annate in cui o sopravvivi o rischia di caderti il mondo addosso. Già in estate più che il tempo degli arrivi fu il tempo degli addii, su tutti quello di Fileni che non sarebbe stato più sponsor di maglia con Jesi che restò, per la prima volta dopo oltre vent’anni, senza marchio sulla canotta.
Ad allestire il roster e a ricoprire il posto lasciato da Federico Manzotti venne chiamato Federico Ligi, ds e artefice delle belle stagioni fatte da Senigallia, il nuovo volto che, insieme alla dirigenza e a coach Maurizio Lasi doveva cercare di assemblare una squadra che riuscisse a superare questo momento di transizione nella nuova A2, quella della divisione tra Est e Ovest. L’inizio, però, non fu dei più semplici: al netto delle vittorie con Recanati, nel nuovo derby delle Marche, Matera e Treviglio, arrivarono diverse sconfitte in fila che trascinarono l’Aurora nella parte bassa della classifica.
A cavallo tra dicembre e febbraio, però, arrivarono quattro squilli importanti: due contro corazzate come Verona, dominata con un ultimo quarto perfetto e una splendida prestazione corale, e Mantova, domata solo sul filo di lana per quella che fu un’altra impresa notevole, il terzo, nel mezzo, quello del derby contro Recanati, sofferto ma quanto mai provvidenziale, prima del successo scaccia fantasmi in casa di Matera dopo un supplementare. E naturalmente ancora in volata, con una tripla di Josh Green scagliata proprio pochi attimi prima della sirena per il delirio generale del tifo arancioblù. Il basket, però, spesso fa giustizia da solo, quello che dà rischia di essere fugace. E così fu per l’Aurora.
Forte anche dell’innesto di Maganza che aveva dato maggiore solidità sotto le plance, Jesi sapeva bene quale fosse la posta in palio da lì a fine stagione. Andava risalita una classifica che, pur con Matera, a quel punto quasi condannata, e Recanati alle spalle, non era affatto tranquillizzante, con la sola Legnano, davanti, che poteva essere risucchiata. Il 10 marzo è il giorno della partita per eccellenza, proprio contro i lombardi, quella che pose un segno e fece capire che bisognava reagire. Dopo 39’ passati a duellare e rincorrersi, infatti, gli ospiti presero in mano la contesa con un distacco quasi in doppia cifra che sembrava condannare l’Aurora. In un minuto e mezzo, però, Jesi trovò le forze di ribaltare ancora la situazione, siglando quel 74-74 che sembrava condurre diretti al supplementare.
Sembrava, appunto…quell’extra time che l’Aurora tanto voleva, infatti, sfumò proprio sulla sirena, complice quella tripla di Mattia Palermo, playmaker di Legnano, che trovò solo il cotone della retina e, di fatto, mandò Jesi in Purgatorio. Le ultime cinque giornate, infatti, non riuscirono a invertire la rotta e la dirigenza arancioblù si mosse per dare una scossa: avvicendamento in panchina con Cagnazzo che prese il posto di Lasi e due nuovi stranger al posto di Green e Hunter, due pezzi da novanta come Corbett e Sorokas. L’inversione di rotta fu subito tangibile con gli arancioblù che, proprio prima degli ormai certi playout, sfiorarono il colpo grosso in casa di una Verona che si stava preparando per inseguire la promozione nella post season.
Playout, dunque, contro la quindicesima del girone Ovest e un fattore campo da difendere, un vantaggio importante ma che, specie a inizio serie, potrebbe essere anche una pressione in più. E infatti contro Omegna, l’avversaria designata dall’altro girone, squadra ostica e, come vedremo, anche sfortunatissima, la partenza fu lenta ma comunque perentoria: due sfide soffertissime, vibranti e giocate sino alle battute finali, due sfide che, però, sorrisero entrambe all’Aurora, trascinata proprio dal duo Corbett-Sorokas che rigenerò tutta la squadra aprendo ampi spazi anche per le triple di Gueye e le soluzioni offensive di Marco Santiangeli.
La serie, quindi, si trasferì in Piemonte con un’Aurora leggermente più tranquilla che doveva cercare di strappare il punto decisivo a una Omegna carica a difendere la categoria e con un certo Iannuzzi, non proprio un giocatore marginale, che stava facendo di tutto per recuperare per il rush finale. Senza il suo cinque titolare, la formazione rossoverde aggredì gara-3 scavando immediatamente un vantaggio di sicurezza ma non aveva ancora fatto i conti con il destino che, già nel primo tempo, la privò dell’altro lungo titolare, Smith, messo ko da un ginocchio saltato. La banda di coach Faina riuscì comunque a gestire la situazione, trascinata da Galloway e Cappelletti, e conquistò prima il 2-1 e poi la parità, con uno stoico Iannuzzi in campo per sopperire alla moria di lunghi piemontese.
Si va dunque a gara-5, quella bella così affascinante quanto imprevedibile, la partita dove pronostici, andamento e storia non contano nulla. Jesi, però, sapeva cosa doveva fare, era una squadra in missione, anzi, era una città in missione. E, infatti, nonostante i due ko consecutivi, l’Aurora produsse il miglior primo tempo dell’anno proprio nel momento più importante, sfoderando una prestazione balistica incredibile che la portò sino al 44-21 del riposo lungo. Finita lì? Nemmeno per idea. Omegna, infatti, pallone su pallone, cercò di rimettere in piedi la contesa ma Jesi, trascinata da Corbett e richiamata all’ordine da coach Cagnazzo, riuscì a portare a termine l’opera. 75-61. La Serie A2 è salva! Alla sirena finale scoppiò il delirio di tutto l’UBI Banca Sport Center, tornato a riempirsi come un uovo e divenne la raffigurazione della gioia fatta persona: dai tifosi che continuarono a lungo a cantare e saltare a squadra e dirigenza, tutti insieme per urlare che “Jesi è sempre lì”, Jesi è viva, Jesi voleva scrivere altre pagine di questa bellissima storia.
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